sabato 15 marzo 2008

C'è ancora spazio per gli intellettuali?

Leggevo su Repubblica.it un articolo di Roberto Saviano. Invita a non abbassare la guardia sull'emergenza mafiosa, soprattutto nel Meridione dove può accadere che un voto si compri con un cellulare o con qualche euro. Proprio il tema della lotta alla criminalità organizzata sembra essere scomparso dalle tante chiacchiere dei partiti.
Un passaggio mi ha colpito in particolare. Saviano parla del ruolo dell'intellettuale nella società. Mi ha richiamato alla memoria un celebre passo di un articolo che Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera nella calda "stagione delle stragi".
E io mi chiedo: c'è ancora spazio per l'intellettuale e qual'è il suo spazio nella società?


Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.

(Pierpaolo Pasolini, Cos'è questo golpe? Io so. 1974)

Tentare di impedire che il chiasso delle polemiche distolga l'attenzione verso problemi che meno fanno rumore, più fanno danno. O che le disquisizioni morali coprano le scelte concrete a cui sono chiamati tutti i partiti. È questo il compito che a mio avviso resta nelle mani di un intellettuale.
(Roberto Saviano, Se un voto si compra con cinquant'euro. 2008)

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